Assisi è lo scrigno d’arte dell’Umbria e al tempo stesso il cuore della spiritualità della regione. È la città che ha dato i natali a San Francesco, patrono d’Italia e fondatore dell’ordine mendicante, e Santa Chiara, fondatrice dell’ordine delle Clarisse. I luoghi francescani sono i protagonisti di questo itinerario, centri di grande spiritualità carichi di testimonianze d’arte, come quelle raccolte nella Basilica di San Francesco a firma di Giotto, Cimabue, Pietro Lorenzetti e Simone Martini. Nel tragitto che compiremo per raggiungere Perugia incontreremo anche altri complessi monastici di grande valore storico e architettonico, abbazie benedettine come quelle di Montelabate e di San Benedetto al Subasio. Ma l’Umbria è anche terra di antichi saperi artigianali e contadini. Fare una visita nei piccoli centri di Deruta e Torgiano significa immergersi nel miglior artigianato di ceramica della regione e in uno splendido borgo medievale, terra del buon vino e del buon olio.

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Assisi terra di Santi.

Ancora oggi Assisi è meta di pellegrini di tutto il mondo ed è sinonimo di città della pace e della conciliazione, in virtù dell’annuale Marcia della Pace che ha superato le sue prime cinquanta edizioni. Ma Assisi è anche città d’arte: merito delle decorazioni di Giotto, Cimabue, Pietro Lorenzetti e Simone Martini, autori di un ciclo pittorico di straordinaria intensità e valore, opere di altissima fattura dedicate al cittadino più illustre, San Francesco. Assisi ha una storia antichissima. Il suo territorio fu abitato già nel neolitico e gli scavi archeologici hanno portato alla luce testimonianze di vita dell’antico popolo degli Umbri tra il IX e l’VIII secolo a.C. Come spesso è accaduto per altre cittadine umbre anche Assisi deve la sua prima urbanizzazione ai Romani che la resero colonia nel 399 a.C. con il nome di Asisium. Fu poi convertita al cristianesimo dal vescovo San Rufino, fu assediata da Federico I Barbarossa e e fu ghibellina all’epoca dei Comuni. È in questo periodo, il 26 settembre 1182, che Assisi accoglie la nascita di Francesco Giovanni di Pietro Bernardone, passato alla storia come San Francesco d’Assisi. Figlio di una famiglia benestante dedita al commercio di stoffe, nella cittadina natale ha vissuto le principali vicende della sua conversione e della sua vicenda umana. Fu nel 1205, all’interno della Chiesa di San Damiano, pregando davanti a un crocifisso, che sentì per la prima volta la voce di Cristo; nel 1208, poi, davanti alla cappella di Santa Maria degli Angeli, in occasione di una messa, ricevette dal signore l’invito a privarsi dei suoi averi e a prendersi cura dei malati e dei poveri ovunque avesse l’opportunità di farlo; fu sempre ad Assisi, nel 1225, che compose il Cantico di Frate Sole ed è nella Basilica di San Francesco che il santo riposa per sempre. Di undici anni più giovane, anche Santa Chiara, battezzata Chiara Scifi, nasce ad Assisi da una famiglia benestante, compiendo accanto a San Francesco le stesse scelte di vita, travolta dalla forza della predicazione del santo.

Dalla Basilica di Santa Chiara alla Basilica di San Francesco.

Il nostro itinerario all’interno del centro storico di Assisi parte dalla Basilica di Santa Chiara, che si raggiunge comodamente dall’ampio parcheggio Mojano, a ridosso delle mura che cingono la cittadina. Duecento metri appena ed eccoci nell’ampio piazzale della basilica i cui lavori ebbero inizio due anni dopo la morte della Santa per protrarsi fino al 1265. Su disegno dell’architetto Filippo da Campello, la basilica fu eretta sul luogo della chiesetta di San Giorgio. Nella facciata in pietra calcarea a filari bianchi e rosa e con portale gotico, la Chiesa mette in bella mostra di sé uno splendido rosone a due giri di colonnine e archetti. Affascinante la soluzione geometrica posta sul lato sinistro, tre ampi archi rampanti che conferiscono stabilità e forza all’intero impianto. L’interno ha una configurazione gotica a croce latina e un’unica navata con transetto divisa in quattro campate. La volta è ampiamente affrescata con pitture raffiguranti Santi e Apostoli. Nella cappella è conservato il crocifisso originalmente posto nella Chiesa di San Damiano che si racconta abbia parlato a San Francesco nel 1205, trasmettendogli il messaggio «Vade Francisco et repara domum mea». Usciti dalla Basilica ci dirigiamo verso destra in direzione di piazza San Rufino dove si staglia il Duomo di Assisi, eretto nel XII secolo, con la sua facciata romanica con tre rosoni e tre portali: al suo interno è ancora conservata l’originale fonte battesimale dove sono stati battezzati San Francesco, Santa Chiara e perfino Federico II di Svevia. Dal Duomo proseguiamo per via San Rufino raggiungendo così l’ampia e affascinante piazza del Comune, con la sua fontana, l’alta Torre del Popolo (del 1305) e il Palazzo del Capitano del Popolo, edificio duecentesco che sulle sue pareti mostra ancora i segni delle misure per la seta, la lana e il lino. Siamo nel centro medievale della città, luogo ideale per fare una pausa nei caffè affacciati sui portici. Affacciato sulla piazza anche il pronao del Tempio di Minerva, eretto nel I secolo a.C., incredibilmente integro nel suo impianto architettonico esterno ma nei secoli trasformato nella Chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Percorrendo via San Rufino e successivamente via Porta Perlici ci troviamo davanti ai resti dell’ampio Anfiteatro Romano. Tornati nella piazza del Comune, l’itinerario prosegue percorrendo via Portica e via San Francesco (dove è conservata la Pinacoteca Comunale) una lunga strada sulla quale si aprono a ventaglio il Portico del Monte Frumentario, l’Oratorio dei Pellegrini, la Villa dei Maestri Comacini, e che infine ci porta davanti all’imponente Basilica di San Francesco. La costruzione iniziò due anni dopo la morte del poverello di Assisi, nell’estate del 1228, il giorno dopo che Papa Gregorio IX lo aveva proclamato Santo. La Basilica così come la conosciamo oggi è costituita da due basiliche sovrapposte, una inferiore (la prima ad essere realizzata) ed una superiore (di più recente costruzione): la scelta di organizzare gli spazi inferiori non come una semplice cripta ma come un’ampia basilica, nasce dall’idea di offrire il più sublime dei riposi a San Francesco. Entriamo dalla Basilica Superiore, che si affaccia su un ampio giardino e che dal lato sinistro offre un meraviglioso belvedere. La facciata a capanna rappresenta uno dei migliori esempi di architettura gotica italiana con un ampio rosone centrale. L’interno è a una navata con quattro campate, con transetto e abside poligonale: gli archi a sesto acuto scorrono sul nostro orizzonte visivo lungo l’intera navata, contribuendo a fornirci una visione prospettica di fuga verso l’altare. Si rimane subito incantati dalla maestosità dell’architettura, dalla luce distribuita dalle ampie vetrate e dagli infiniti colori che emergono dalle decorazioni e dagli affreschi che coprono gran parte dell’Abbazia. Il ciclo pittorico è di una rara forza espressiva e colpisce per la sua logica e rigorosità, facendosi opera pittorica e storica al tempo stesso: sono narrate storie dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, a firma di Cimabue, e dalla Vita di San Francesco per mano di Giotto. Colpisce il fatto che Giotto fu quasi contemporaneo di San Francesco e iniziò a dipingere il suo ciclo appena settant’anni dopo la morte del santo potendone così raccontare la vita. Chiudiamo la passeggiata passando per la Basilica Inferiore, attraversando in discesa l’incantevole piazza Inferiore San Francesco, con il suo affascinante colonnato, percorrendo via Giorgetti e proseguendo con la scalinata Fontebella che ci conduce alla Chiesa di San Pietro, fondata dall’ordine dei Benedettini nel X sec., con una facciata a tre porte e tre rosoni e con una significativa cappella in stile gotico. Raggiungiamo il parcheggio Mojano attraversando borgo San Pietro, via S.Apollinare e piazza Vescovado.

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L’arte sublime di Giotto e Cimabue.

 Nel maestoso cantiere umbro si sono avvicendate nei secoli personalità più o meno celebri della storia dell’arte ma, fra tutti, sicuramente è degno di memoria il binomio costituito da Cimabue e Giotto. Oltre ai due maestri toscani dobbiamo ricordare i nomi di Jacopo Torriti e della scuola romana, di Pietro Lorenzetti, Simone Martini, Andrea de’ Bartoli, Dono Doni, Cesare Sermei; a questi vanno aggiunte le diverse personalità senza nome che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria della chiesa francescana. San Francesco, morto il 3 ottobre 1226, espresse il desiderio di essere sepolto nella periferia di Assisi denominata Colle dell’Inferno, zona preposta alle forche destinate alla pena capitale dei malfattori. Il progetto dell’edificio che avrebbe accolto le spoglie del Poverello di Assisi prevedeva l’edificazione di due chiese sovrapposte allo scopo di soddisfare l’esigenza del culto del corpo del santo e della funzione di celebrazione eucaristica per i frati del convento. La Basilica Inferiore presenta l’ingresso incorniciato da uno splendido portale gotico. Nella Superiore troviamo una semplice facciata a capanna al centro della quale, a rompere la linearità della traslucida pietra locale di costruzione, è un rosone cosmatesco circondato, come nella tradizione umbra, dai simboli degli Evangelisti. Il tema decorativo degli affreschi del complesso francescano è incentrato sul parallelo e scambievole confronto fra la vita di Cristo e quella di San Francesco, vero testimone della fede cristiana, che ha rinunciato ai beni terreni per meglio avvicinarsi all’esperienza del Figlio di Dio. Anche se l’incontro fra Cimabue e Giotto risulta avvolto nella leggenda (il maestro che scopre il giovane e talentuoso pastorello del contado fiorentino mentre disegna una pecora su una lastra), dobbiamo piuttosto notare quanto questa unione mutò l’arte italiana nel corso di pochi decenni. All’interno del cantiere di Assisi Cimabue lasciò la sua opera più grande nella decorazione del transetto e dell’abside della Basilica Superiore, attraverso gli episodi dell’Apocalisse e la celebre Crocifissione, resa ancor più terribile e apocalittica dal deperimento chimico che ha provocato, per l’inversione dei colori, una sorta di negativo fotografico della superficie pittorica. In questi affreschi, così come nelle altre opere del celebre artista, sono ancora presenti quegli stilemi derivati dall’arte bizantina, o dei Greci, dalla quale il maestro inizia a distaccarsi, trovando poi, in Giotto, il degno prosecutore della sua opera. Giotto seppe avvicinare il divino all’umano, rendendo reale ciò che fino ad allora era sempre stato distante dall’esperienza fisica dell’uomo comune e dipingendo, intorno alla figura, uno spazio fisico sempre più verosimile, solido, un ambiente entro il quale i personaggi potessero muoversi come l’uomo medievale agiva nella propria città. Francesco è rappresentato innanzitutto come uomo e non come Santo. Il maestro di Bondone, aprendo alla nuova via dell’imitazione della natura tanto celebrata dalla critica quattrocentesca e cinquecentesca, ha saputo così affrancarsi dall’arte precedente e dar vita a quell’unicum della storia dell’arte rappresentato dalla Basilica di Assisi, degno scrigno dell’esperienza di San Francesco. Il ciclo pittorico di Giotto prevede ventotto affreschi rettangolari incorniciati in uno spazio di 270 x 230 cm.

Luoghi Francescani fuori le mura.

Sono almeno tre i luoghi francescani di grande interesse appena fuori il centro storico di Assisi: l’Eremo delle Carceri, la Chiesa di San Damiano, il Sacro Tugurio e la Porziuncola. Partiamo dall’Eremo delle Carceri, che può essere raggiunto anche a piedi uscendo dalle mura di Assisi da Porta dei Cappuccini, un lungo percorso di circa 5 km: in macchina basteranno circa venti minuti circa (verso via delle Fonti del Moiano, Largo Properzio, via Umberto I, via Santuario delle Carceri). Ciò che un tempo fu un eremo oggi è un affascinante convento costruito da San Bernardino da Siena nel 1400. Il convento nasce attorno alla grotta naturale dove tra il 1205 e il 1206 San Francesco decise di rifugiarsi per stabilire un suo intimo dialogo con il Signore; l’odierna S. Maria delle Carceri ingloba la primitiva cappella dove è possibile visitare il luogo del suo giaciglio. Racconta il biografo Tommaso Da Celano, in una versione tradotta del suo testo originale: «Alla periferia della città c’era una grotta… Francesco vi entrava, … e pieno di nuovo insolito fervore, pregava il Padre suo in segreto. Desiderava che nessuno sapesse quanto accadeva in lui là dentro e … bruciava interiormente di fuoco divino, e non riusciva a dissimulare il fervore della sua anima ». L’eremo è totalmente immerso nella fitta selva del Monte Subasio, un lecceto molto suggestivo dove leggenda vuole che gli uccellini fossero in ascolto della parola del Santo. Attorno al Convento si può procedere, immersi nella natura, in un percorso lungo il quale si possono ammirare statue in bronzo raffiguranti San Francesco: un luogo di grande fascino che ha la forza di commuovere tutti, al di là del credo religioso. Dall’Eremo delle Carceri riscendiamo a valle per raggiungere in quindici minuti circa la Chiesa di San Damiano (verso via Santuario delle Carceri, viale Giovanni XXIII, via Umberto I, via Valentin Muller, località San Rufino Campagna), niente di più distante dall’eremo appena visitato in quanto a isolamento e struttura architettonica: tuttavia questa Chiesa è profondamente legata alla conversione di San Francesco; infatti fu davanti al crocifisso contenuto all’interno (l’originale è oggi conservato nella Basilica di Santa Chiara ed è stato sostituito da una copia) che il Santo sentì, per la prima volta, la voce del Signore; e fu qui che, secondo la leggenda, San Francesco scrisse il suo Cantico delle Creature. Appena 2 km dividono la Chiesa di San Damiano dal Santuario Francescano del Sacro Tugurio in Rivotorto (verso località San Rufino Campagna, via Frate Fuoco, via Sorella Luna, via Francesca, via della Regola), il primo rifugio di San Francesco, come ricordato ancora da Tommaso da Celano, primo biografo del Santo: «Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto. Ed erano felici, quegli arditi dispregiatori delle case grandi e sontuose, di vivere in un tugurio abbandonato ove potervi trovare riparo (…) Era un luogo così angusto, che solo a gran fatica potevano sedersi e distendersi. Spessissimo per mancanza di pane, si nutrivano di sole rape ottenute a fatica in elemosina qua e là». Ciò che un tempo era solo un capanno coperto di frasche, conosciuto come sacro tugurio, è oggi custodito all’interno di un Santuario costruito all’inizio del XIX secolo. E infine arriviamo alla Basilica di Santa Maria degli Angeli (verso via Francesca, viale Patrono d’Italia, via Los Angeles) dove è custodita la Porziuncola, un percorso di circa nove minuti e 5 km. La nuova basilica fu costruita tra il XVI e XVII sec. La Porziuncola riveste un ruolo di grande valore per la vita monastica di San Francesco. Originariamente costruita in sola pietra da alcuni eremiti intorno al IV secolo, fu riparata dal Santo e divenne luogo prediletto di preghiera e di ritiro spirituale: fu proprio in questa piccola cappella che San Francesco perse la vita la sera del 3 ottobre 1226. La Porziuncola è oggi all’interno di una Basilica costruita tra il XVI e XVII sec. in stile barocco.

La meraviglia Benedettina di Montelabate.

Riprendiamo il viaggio per raggiungere l’Abbazia di Montelabate o Abbazia di Santa Maria di Valdiponte (via Giuseppe Emili, SS75, Bastia Umbra,Collestrada, SS33bis verso Ravenna/Ancona, Lidarno, Ponte Felcino, Bosco, Ponte Pattoli, Casa del Diavolo, strada del Piccione, strada Montelabate), un tragitto di circa trenta minuti e 30 km. Completamente circondato da abeti e dalla folta natura del colle di Montelabate, l’imponente abbazia benedettina fu eretta prima dell’anno mille, con ogni probabilità tra il IX e il X sec., in stile romanico gotico. Il severo ed elegante impianto architettonico prevede una facciata con un ampio portale e rosone, e uno splendido chiostro raggiungibile dalla cripta; l’interno ha un’unica navata con volte a crociera e ancora oggi sono presenti due ampi affreschi, una Vergine in Trono col Bambino e una Crocifissione con la Vergine e San Giovanni Battista. La storia dell’Abbazia racconta di un grande potere esercitato su tutto il territorio circostante, della presenza di monaci cistercensi a partire dal XVII sec., dell’acquisizione ad opera del marchese Medicia ridosso dell’Unità d’Italia e infine, più recentemente, della proprietà della Fondazione Gaslini di Genova. L’Abbazia di Montelabate è certamente una delle più importanti testimonianze architettoniche sacre della regione.


Torgiano e Deruta.

Prima di arrivare a Perugia abbiamo due ultime tappe da raggiungere, prima Deruta e poi Torgiano: due soste dedicate, rispettivamente, all’artigianato e ai migliori prodotti primi della tavola,l’olio e il vino. Per arrivare a Torgiano da Montelabate occorrono trenta minuti e 30 km circa (verso strada del PiccioneSP 246, Casa del Diavolo, strada Tiberina Nord, Bosco, SS 3 bis, Collestrada, il Sardo, SP 403 Torgiano San Martino in Campo). Torgiano è un piccolo ma delizioso centro medievale nato come naturale espansione di un vecchio castello, un borgo posto alla confluenza del fiume Chiascio con il Tevere in un colle eccezionalmente ricco di uliveti e vigneti. E infatti olio e vino sono ancora oggi il più importante patrimonio gelosamente conservato dalla comunità: è Città del Vino (prelibati i suoi vini da invecchiamento: Docg per il Torgiano Rosso Riserva) e Città dell’Olio, a cui la società Lungarotti ha dedicato due musei (il museo del vino e il museo dell’olio, u viaggio intorno ai metodi e agli strumenti della lavorazione e al tempo stesso intorno al territorio e alla cultura contadina. Appena 10 km e arriviamo a Deruta (SP403 verso via Mario Angeloni, E45 verso Casaccia, Pontenuovo, Deruta), vera e propria capitale umbra della ceramica artigianale grazie alle oltre duecento tra botteghe e società che operano nella produzione della maiolica artistica, arrivando a coprire circa un terzo del totale nazionale. Di origini romane, Deruta acquisiscela sua competenza artigianale nel tardo medioevo mantenendola integra fino ai giorni d’oggi. Camminare per le strade del borgo significa sfilare tra piccole botteghe e spacci artigianali che espongono manufatti di ceramica colorata, ed è un vero piacere trovare angoli di dimore e palazzi storici ornati di mattonelle e cornici prodotte da artigiani derutesi: un’ampia collezione all’aria aperta è ospitata nei giardini Milizia de Magnini del centro storico. L’Ex convento di San Francesco ospita un Museo Regionale della Ceramica e una Biblioteca specializzata in storia della ceramica, che racconta opere e storia delle maestranze locali. A questo punto non resta che arrivare a Perugia percorrendo circa 20 km verso nord (E45 verso Ponte Nuovo); e sarà affascinante guardare la città al tramonto, come posata su un dorso collinare.

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