Il territorio che ci conduce da Gubbio ad Assisi, e che attraversa l’Oasi del Parco Naturale del Monte Cucco, l’Altopiano della Palude di Colfiorito e il Parco del Monte Subasio, è un susseguirsi di orizzonti paesaggistici tra i più maestosi della regione. Luoghi d’altri tempi e terra di badie, eremi e monasteri persi nel silenzio dell’Umbria più irraggiungibile e mistica. In questo tragitto incontriamo due città d’arte, Gubbio e Spello, e sfioriamo Assisi, dove riposeremo al termine di una lunga,ma eccezionalmente affascinante, giornata di viaggio.

L’eleganza rinascimentale di Gubbio.

«Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di retro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo». È il sommo poeta Dante Alighieri, nell’undicesimo canto del Paradiso, a raccontare la bellezza del territorio eugubino, circondato dal corso d’acqua del Topino e dal colle intitolato alla memoria del santo patrono di Gubbio, Sant’Ubaldo, una posizione così favorevole da “far piangere” le comunità di Nocera e Gualdo Tadino. Gubbio è come un grande presepio, aggrappato alla roccia del Monte Ingino, con la sua cinta muraria che ancora oggi avvolge l’abitato del centro storico. La sua è una configurazione urbanistica tipicamente medievale ma l’aspetto architettonico riflette un gusto e un’eleganza rinascimentale su cui si innestano elementi di sapore barocco. La nostra escursione inizia da piazza Quaranta Martiri, un tempo piazza del mercato e oggi ampio spazio destinato a parcheggio e giardino pubblico, circondata dalla Chiesa di San Francesco e dai portici dell’Ospedale della Misericordia, risalente al 1326. Da piazza Quaranta Martiri iniziamo la passeggiata tutta in salita percorrendo via Picciardi fino ad arrivare nell’incantevole piazza Grande: una terrazza pensile sulla quale poggia il Palazzo Pretorio (oggi sede del Municipio) e l’imponente Palazzo dei Consoli, vero e proprio gioiello rinascimentale eretto nel 1346 su disegno dell’architetto eugubino Matteo di Giovannello, detto Gattapone. Da piazza Grande si può godere di uno dei panorami più estesi e affascinanti sull’Umbria ed è l’occasione per gettare uno sguardo sull’Anfiteatro Romano, che in verità meriterebbe una visita più da vicino. Perdersi nel dedalo delle vie di Gubbio è di un fascino sconcertante: è come passeggiare a ritroso nella storia, tra palazzi storici, residenze nobiliari, chiese gotiche, campanili, scalinate e antichi pozzi. A pochi passi dalla piazza panoramica incontriamo il Palazzo del Capitolo dei Canonici (oggi sede del Museo Diocesiano) e Palazzo del Bargello con la sua celebre fontana; è incredibilmente suggestivo vedere come sacro e profano, ovvero Duomo e Palazzo Ducale, rispettivamente del XIII e XV sec., siano affacciati l’uno di fronte all’altro, a una distanza di poco più di un metro. Per gli amanti del trekking e della natura invitiamo a continuare il percorso e percorrere la lunga via Sant’Ubaldo, immersa nel verde dei boschi del Monte Ingino, fino a raggiungere la Basilica di Sant’Ubaldo a 827 metri: il sentiero è ampio, ben mantenuto ed è un vero incanto attraversare l’imponente bosco di conifere in una bella giornata di sole. La vista dall’alto del piazzale della Basilica è imperdibile e uno spaccio in un piccolo terrazzo pensile offre un ristoro tra le nuvole. All’interno della Basilica, poi, sono conservate tre strutture in legno, meglio note come ceri, che ogni prima domenica di maggio sono portate in città per poi ritornare in Basilica il 15 maggio, dopo una lunga corsa devozionale a Sant’Ubaldo, patrono della città: è la Festa dei Ceri, un’antichissima ricorrenza pagana che coinvolge l’intera comunità. Il ritorno al punto di partenza può essere compiuto in appena sei minuti con un viaggio panoramico grazie alla Funivia Colle Eletto.

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La vocazione eremita sulle pendici del Monte Cucco.

Compiuto il percorso nel centro storico di Gubbio, si procede a nord attraversando l’appennino umbro marchigiano verso il borgo di Scheggia e Pascelupo (SS 298 verso via Giove Pennino, frazione Villamagna, frazione Sant’Angelo dopo Serra, località Fornace), magari dopo una breve sosta enogastronomica all’Osteria del Bottaccione (via Giove Pennino, 25), seguendo un percorso di grande fascino paesaggistico, 12 km di strada di montagna che taglia la catena dei Monti Eugubini. È in questo paesaggio che emerge in tutto il suo splendore la Gola del Bottaccione, un profondo canale venutosi a creare tra il Monte Ingino e il Monte Foce a cui è collegata una diga artificiale costruita nel Medioevo con relativo bacino di raccolta delle acque. La gola è uno dei luoghi geologici più interessanti d’Italia in virtù dell’alta concentrazione di iridio, metallo la cui massiccia deposizione nelle rocce ha fatto supporre l’impatto di un meteorite, del diametro tra i 6 e i 14 km, che sarebbe avvenuto 65 milioni di anni: non è un caso se la Gola del Bottaccione è nota anche come “Scrigno del Passato”. Il territorio che circonda la gola ospita anche due insediamenti architettonici di grande rilevanza, l’acquedotto medievale e l’Eremo di San Ambrosio, sul Monte Calvo, già abitato da eremiti nella metà del XIV secolo: il monastero, dall’impianto architettonico rinascimentale ma con elementi che rimandano alla successiva epoca barocca, sembra appeso come per magia alla parete rocciosa del Monte Foce. Proseguendo le strette del Bottaccione lungo la SS298 si giunge a 780 metri dall’altezza sul mare, al Valico della Madonna della Cima, superando il quale si arriva al passo di Scheggia. Immersi nel silenzio profondo dell’Appennino, siamo come travolti dall’incanto del Parco Regionale del Monte Cucco, oasi verde e polmone dell’Umbria (la vetta del Monte Cucco raggiunge i 1.566 metri) che raccoglie al suo interno una serie di piccoli paesi come Scheggia, Pascelupo, Costacciaro, Sigillo e Fossato di Vico. Ruscelli, faggete, piccole cascate, grotte carsiche, laghetti, pascoli e fonti minerali sono state da sempre un luogo ad alta vocazione eremitica: ne sono testimonianza l’Eremo di Monte Cucco San Girolamo, l’Eremo e la Badia dei S.S. Emiliano e Bartolomeo in Congiuntoli, l’Eremo e l’Abbazia di Santa Maria di Sitria e l’Abbazia Benedettina di S. Andrea. è consigliabile una visita a questi luoghi di culto, magari facendo una selezione a vostra discrezione, prendendo come base il comprensorio del Comune di Scheggia e Pascelupo, sul crinale del confine con le Marche. Occorrono circa trenta minuti per raggiungere l’Eremo di Monte Cucco (SR 360 verso frazione Ponte Calcara, località Valdorbia, Isola Fossara, Casacce, Perticaro, Pascelupo), a 661m. s.l.m.: l’eremo è straripante di forza mistica, completamente isolato e immerso in uno splendido scenario naturale e magicamente incastonato nella roccia. Costruito intorno al secolo XI, ha una struttura architettonica romanica ed è interamente in pietra: è occupato ancora oggi dagli eremiti camaldolesi. Anche la Badia dei S.S. Emiliano e Bartolomeo in Congiuntoli (SP 360 verso Sassoferrato) si raggiunge abbastanza facilmente, immersi in un tragitto montuoso di grande interesse paesaggistico. Di origine benedettina e costruita in pietra bianca, accecante nei giorni di sole, l’Abbazia fu fatta erigere nel X sec. Non molto distante sorge l’ennesima badia, l’Abbazia di Santa Maria di Sitria (SR-SS 360 verso Isola Fossara), fondata da San Romualdo nel 1014 con un impianto architettonico romanico-gotico. Il monastero, di piccole dimensioni, senza campanile, conserva ancora un affresco del XVIII sec. Scendendo a sud per circa 15 km da Isola Fossara verso Costacciaro, delizioso borgo al cui nome è legata una nota eremita, Sant’Agnese da Costacciaro, incontriamo i pochissimi resti dell’Abbazia di Sant’Andrea (SS 360 verso località Valdorbia, frazione Ponte Calcara, Scheggia e Pescelupo, via Flaminia), un tempo monastero benedettino del XII secolo e oggi poco più che una piccola cappella.

Il Parco Regionale di Colfiorito.

Riprendiamo il viaggio, ancora verso sud (SS3 verso Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Nocera Umbra), per incontrare un’Umbria diversa ma altrettanto affascinante. Sono consigliate almeno due brevi soste per ritemprare corpo e spirito: una prima pausa presso la Forneria Appennino di Fossato di Vico, occasione per gustare pane e focaccia umbri, e più avanti, presso Nocera Umbra, merita una visita il Monastero di San Biagio, relais con annesso laboratorio per la produzione artigianale di birra secondo la migliore tradizione Brassicola e con un processo naturale di fermentazione e stagionatura realizzata con una selezione di prodotti primi come malti d’orzo, acqua di Nocera Umbra, luppoli e lieviti. Dopo mezz’ora circa di macchina da Nocera Umbra arriviamo in un ambiente paesaggistico diametralmente opposto da quello incontrato a Costacciaro, il Parco Regionale di Colfiorito, un’oasi pianeggiante di 340 ettari circa di cui 100 occupati da una palude. L’altopiano carsico di Colfiorito comprende sette conche lacustri ed è traboccante di vegetazione palustre e di una ricca varietà di fauna che sosta in quest’area: l’airone cenerino, il tarabuso e il germano reale. Il territorio ha fatto riemergere testimonianze di vita del III millennio a.C., a conferma del fatto che fu abitato fin dalla preistoria: ne sono a testimonianza i resti della fortificazione del Castelliere del Monte Cassicchio. Fu municipio romano e nel 217 a.C. fu teatro di un scontro tra i Romani e i Cartaginesi guidati da Annibale in occasione della II guerra punica. L’altopiano è celebre anche per le sue specialità alimentari, le lenticchie e le patate rosse, che si possono acquistare con facilità direttamente dai contadini della zona ai margini delle strade primarie e secondarie. Lenticchie, cicerchie, ceci, fagioli, farro e patate rosse provenienti da coltivazioni biologiche sono acquistabili presso l’Azienda Agricola Biologica “L’Oasi” di Silvana Prosperi (verso via del Lago, frazione Forcatura), a circa 3 km dal centro di Colfiorito. A 2 km da Colfiorito, ma dalla parte opposta a Forcatura, (SS 77 verso Serravalle di Chieti), già sul territorio marchigiano, merita una sosta il Convento di Brogliano, monastero francescano al cui interno nacque la comunità degli Zoccolanti, il cui nome risale al 1386 quando alcuni frati umbri ottennero il permesso di calzare zoccoli di legno per tutelarsi dai serpenti presenti nel territorio. Fu eretto come romitorio nel 1270. È stato recentemente restaurato ed è attualmente abitato dai Francescani Minori.

Il Parco del Monte Subasio.

Riprendiamo il nostro viaggio (SS77 verso località Casette di Cupigliolo e poi verso frazione Pisenti, Collelungo, Capodaqua, Pieve Fanonica, Valtopina) in direzione Collepino, 27 km circa da Colfiorito, un delizioso e minuscolo borgo perfettamente mantenuto con appena cinquanta abitanti, dove fa bella vista di sé una deliziosa piazzetta e un affaccio panoramico particolarmente suggestivo. Siamo ancora ad alta quota, a circa 600 m s.l.m., ma questa volta nel cuore del Parco di Monte Subasio. Collepino nacque come colonia dei boscaioli e pastori dell’Abbazia di San Silvestro di Collepino (verso via San Silvestro), a 700 m s.l.m., tra faggi, lecci e oliveti secolari. Fondato nel 1025 inizialmente come eremo da San Romualdo e successivamente occupato dalla comunità dei Camaldolesi, vi sostò anche San Francesco d’Assisi. Fu distrutta nel 1335 per volere di Paolo III perché diede ospitalità ad alcuni componenti della famiglia Baglioni, ostile al papato. Sui resti dell’antica Abbazia, nel 1972, madre Maria Teresa dell’Eucarestia ha fatto erigere un nuovo piccolo complesso architettonico conosciuto come Eremo della Trasfigurazione, ancora oggi abitato dalle Piccole Sorelle di Maria.

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L’Arte Sacra da Pintoricchio a Spello.

A questo punto non rimane che scendere a valle in direzione Spello (via Subasio), percorrendo circa 6 km. Come molti borghi umbri anche Spello è incastonato nella natura, in questa circostanza sulle dolci spalle di un declivio collinare ai piedi del Monte Subasio. Di origini Umbre, Spello fu colonia e municipio romano con il nome di Hispellum: per la fedeltà dimostrata a Roma in occasione della guerra di Perugia (41 a.C.), Spello ottenne privilegi da Ottaviano Augusto e fu battezzata con l’appellativo di Splendidissima Colonia Iulia. La cinta muraria ben conservata di età romanica, che abbraccia l’intero cento storico, lascia il posto a quattro porte – la Consolare, l’Urbica, Venere e Dell’Arcea e all’Arco di Augusto, in via Giulia. Lo sviluppo del Comune, dopo traumatiche e devastanti invasioni, barbariche prima, e successivamente, nel 1238, ad opera di Federico II, avviene in epoca rinascimentale, conferendogli un assetto urbanistico nobile e sobrio al tempo stesso. Le stradine del centro sono ben tenute e lambiscono palazzi storici, chiese e cortili prevalentemente costruiti con travertino rosa e pietra calcarea. Di straordinario interesse artistico è la Chiesa di Santa Maria Maggiore, nel cuore della cittadina, che custodisce il sublime ciclo pittorico della Cappella Baglioni interamente dipinto dal Pinturicchio: emergono un autoritratto dell’artista (su tre quarti e con lo sguardo rivolto al pubblico) e tre scene, tra cui l’Annunciazione, la Natività e la Disputa nel Tempio che meriterebbero, da sole, una visita in Umbria. E col Pintoricchio nel cuore proseguiamo il nostro itinerario d’arte con una visita alla collezione permanente Emilio Greco, che ospita trentotto opere tra grafiche, litografie, acqueforti, disegni e sculture in bronzo (Museo Emilio Greco c/o Palazzo Comunale | Piazza della Repubblica) così da concludere il nostro percorso salendo verso il belvedere dopo aver attraversato Porta dell’Arce: c’è una piccola terrazza affacciata sulla campagna umbra e verso il tramonto sembra che tutto si fermi e che il tempo e la vita scorrano più lentamente del solito. Se rimane un po’ di tempo a disposizione si può fare una tappa a vedere l’incantevole Villa Fidelia, complesso architettonico di grande pregio che risale agli inizi del XIX sec., con un vasto giardino all’interno e una limonaia, negli ultimi anni sede di concerti e mostre d’arte. Si è fatta sera. Imbocchiamo la SS75 e raggiungiamo Assisi.

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